13/12/2024
Dalla narrazione dei buchi neri nello spazio a un banale buco nell’acqua è solo un attimo. Chi se lo ricorda più il bando d’Invitala riguardante la Città dello Spazio nell’area del Centro di Geodesia sull’altopiano murgico, a 10 chilometri a est di Matera?
La gara per l’affidamento dei lavori ammontava a 1 milione di euro. Vicenda che conoscono pochi, forse pochissimi. È una di quelle tipiche storie rimaste impigliate solo tra le dita di quanti sono stati chiamati a scriverla ma, oggi, suo malgrado, incupisce chi deve rileggerla, proprio come le fotografie scattate in vacanza e proiettate per gli amici in lugubri serate invernali.
Eppure, non mancarono i soliti proclami trionfalistici, ormai già vecchi di qualche anno, quando fu detto che la Città delle stelle sarebbe stata per i visitatori una sorta di viaggio spaziale tramite il sistema planetario costruito su una cupola dal diametro di dieci metri in grado di trasmettere immagini dell’universo, opportunità per evocare il fascino dei remoti corpi celesti che si muovono seguendo le eterne leggi della fisica e della gravitazione.
Un lascito del 2019 velleitario, in caduta libera nel precipizio di uno sfacelo sul quale è davvero impossibile fare sempre finta di niente. Dopo gli squilli di tromba è rimasto un planetario con lo stesso ruolo da protagonista di una coca-cola annacquata, così come altri capitoli legati al fatidico anno di Capitale della cultura europea. Una stagione di tanto in tanto riproposta, magari con toni nostalgici, senza un minimo cenno di autocritica. Mai sia! Per quanto non tornammo certo a rivedere le stelle. L’avvilente ragione? Il planetario è chiuso, inaccessibile. L’edificio si disse, tra l’altro, sarà dotato di 62 posti a sedere, utile a un percorso espositivo-museale che ruotando intorno a esso ricorderà le rigorose geometrie a spirali della galassia.
Rien, nichts, nada e non poteva suscitare più di qualche perplessità il solito cenno sulla questione della scarsità delle risorse economiche registrata nel corso di un incontro pubblico di qualche giorno fa, centrato sul futuro del Parco della Murgia materana e sulle sue funzioni nel contesto territoriale. A volte è vero, circola poca moneta. Tesi insostenibile nel caso specifico delle vicende affidate a Invitalia per realizzare il Parco della Storia dell’uomo comprendente quattro parchi tematici, tra cui quello della
Preistoria, intorno al villaggio neolitico di Murgia Timone, della Civiltà Rupestre, sulle estreme propaggini dell’altopiano prospiciente i rioni Sassi e dell’avveniristica Città dello Spazio con il suo bel plenetario. Per un totale di oltre 5 milioni milioni di euro buttati dalla finestra.
In questi casi, dopo la spesa, considerata l’assenza totale di piani di gestione e di ogni programmazione, si potrebbe a buon diritto sospettare che hanno vinto gli indiscussi protagonisti dei campionati mondiali del giro della frittata, come al solito in caduta libera e adusi a precipitare a velocità crescente nel vuoto. Luogo in cui è tristemente collassato da ormai quattro lunghi anni anche il Centro di educazione ambientale dedicato alla memoria del compianto naturalista Mario Tommaselli. Altrettanto amaramente chiuso.
Si può rimediare?
Sicuramente, se le ipotesi di lavoro annunciate durante il convegno diventeranno operative, magari evitando la solita catena di montaggio dei proclami a vuoto, tragica sintesi di effimeri incantamenti di cui si nutre la devastante epica dell’inconcludenza.
Replica di tragici film già visti e rivisti. Del resto, per non farci mancare niente, figlio della stessa filiera, giace più di un altro milione di euro, utilizzato per riqualificare le cave settecentesche con l’allestimento di un’area parcheggio, un’area didattica dedicata alle tradizioni del territorio e il ripristino delle strutture locali ipogee, comprese alcune cisterne. Ma anche qui, solo silenzio, tutto tace lungo la Statale 7.
Pasquale Doria