7 Dicembre 2024
Infrastrutture, sanità, turismo, cultura, università. Cinque temi al centro di un utile dibattito promosso dal circolo la Scaletta alla Camera di commercio. Molteplici gli spunti, non di meno le suggestioni con il contorno di proposte da tenere in debito conto. Tra queste, senza ombra di dubbio, una sembra condivisibile più di altre: innestare la facoltà di Agraria e Scienze forestali nel Metapontino.
La memoria non è un accidente della storia, specialmente nel caso di scelte epocali come una bonifica che ha scritto pagine indelebili per l’intera regione, e non solo. Basterebbe andare a setacciare tra gli uffici anagrafici comunali per rendersi conto della crescita di una comunità che negli anni Cinquanta contava appena diecimila abitanti. Terra di flussi migratori senza precedenti, purtroppo, mai indagati con metodo scientifico.
Nel Metapontino, in realtà, è maturata una tra le più importanti opere di sistemazione idraulico forestale che sia stata mai eseguita in Italia, è quella che ha portato alla creazione della fascia boscata jonica. È in questa grande trasformazione che l’opera di tecnici illuminati, come Salvatore Puglisi, è risultata fondamentale in termini tecnici e amministrativi avendo guidato in anni cruciali l’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Matera.
Passaggio di trasformazione che ricorda bene uno dei suoi successori, Gianfranco Dal Sasso, scorrendo brevemente la storia in questa area a partire dal 1935, dai primi timidi interventi di bonifica nel tratto costiero appartenente al Comune di Bernalda ad opera dell’Ente di Bonifica; poi, con gli stessi fondi le opere proseguirono negli anni 1945 e 46. Ma è solo negli anni 50 iniziarono i veri lavori di rimboschimento con finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, e con gli stessi fondi gli interventi proseguirono coinvolgendo i restanti comuni costieri fino al confine con la Calabria. Fu interessata una fascia che si estende per una lunghezza di circa 35 chilometri e una larghezza variabile da 300 metri (Nova Siri) a un chilometro circa.
Non mancano le testimonianze che evidenziano la mole impressionante di problemi tecnici da affrontare, dalla sistemazione del terreno, alla scelta delle specie da introdurre e, in particolare, dalla tecnica di impianto. Un fattore vincente per superare le difficoltà si rivelò la passione coniugata alla tenacia e all’esperienza.
Gli accorgimenti iniziali, adottati per permettere l’attecchimento delle giovani piantine, costituirono una solida base per il buon esito finale dei lavori. Tra le tecniche tradizionali basterebbe ricordare l’impiego ai margini e sui fronti dunosi delle cosiddette cannucciate e delle graticciate con uso di specie cespugliose resistenti alla salsedine. Quadrati di due metri per due realizzati per strappare ostinatamente fazzoletti di terra lungo una trincea in cui fu combattuta la lotta di migliaia di braccia durata anni. Soltanto nelle fasce poste a monte, successivamente, si iniziò a mettere a dimora gli arbusti più importanti e diverse specie arboree.
Di più, siccome in molte zone si riscontrava la presenza di affioramenti di acqua salsa, allo scopo di permettere l’attecchimento delle piantine si fece ricorso a particolari tecniche di lavorazione del terreno e in particolare alla mazzolatura. Operazione agraria atta a innalzare il livello dei terreni acquitrinosi e a renderli coltivabili. Consiste nello scavare, durante la buona stagione, delle fosse parallele, gettando la terra scavata nello spazio interposto fra una fossa e l’altra. Questa imponente opera è nata anche dall’esigenza di assicurare una valida difesa alle colture agrarie dell’entroterra dall’azione dannosa dei venti salsi provenienti dal mare.
La fascia boschiva Jonica, per il titanico lavoro di tecnici e operai forestali, ancora oggi si estende su circa 1700 ettari nell’ambito dei territori dei comuni di Bernalda, Pisticci, Montalbano Jonico, Scanzano Jonico. Policoro e Nova Siri. Negli ultimi anni, tuttavia, l’intero soprassuolo, ovvero lo strato più superficiale del terreno, è stato interessato da estesi attacchi di parassiti sostenuti principalmente dalla processionaria del pino e dagli scolitidi, questi ultimi devastanti coleotteri molto più temibili. Si tratta di eventi che sono frequentemente presenti nel caso dei soprassuoli artificiali.
Ma per contrastare queste calamità e altre ancora è sempre necessario effettuare costanti interventi manutentori allo scopo di assicurare una buona stabilità del sistema e soprattutto garantire un buon equilibrio biologico all’interno di esso. Purtroppo nel caso della pineta jonica ciò è avvenuto con poca continuità e con scarso rigore tecnico-forestale. Un processo di rinnovata bonifica che una facoltà universitaria potrebbe fattivamente pilotare, potendo contare anche su realtà già presenti sul territorio, da rilanciare, come l’Agrobios.
Pasquale Doria