28 Maggio 2021
Senza scomodare nessuna ideologia o divinità, un brano urbano, non meno di una moschea o di un convento, può aiutarci a capire chi siamo davvero. Per comprendere cosa è stata una volontà tradotta nello spazio, un progetto di emancipazione dalla subalternità millenaria imposta alla comunità materana, bisognerebbe non dimenticare lo spirito della 619 del 1952, un criterio che dovrà continuare a essere omogeneo per tutti gli episodi della città pubblica che sono nati con quella legge dopo la vicenda dello spopolamento degli antichi rioni Sassi. E invece, si discute, facendo solo esercizio di muscoli, di case popolari da realizzare sulla scuola, da abbattere e ricostruire, di va Giustino Fortunato.
Basterebbe una passeggiata sul posto. Anche ai meno attrezzati, appare del tutto evidente che non possono essere alterati i rapporti dimensionali e d’inserimento ambientale con gli alloggi volutamente progettati in quella forma dalla grande stagione italiana, dell’Ina-Casa. Un volto dell’Italia, forse l’ultimo, riconoscibile in ogni città e paese, anche da chi dall’estero considera quel lascito esemplare a livello di città solidale su scala europea.
Demolire e costruire significa sbancare il versante, abbattendo i bellissimi muri in pietra, e realizzare un nuovo "palazzone" assolutamente fuori posto, oltre al notevole carico urbanistico. Perché - è la domanda che circola in città - demolire quella scuola che sta fisicamente bene e non continuare a utilizzare gli spazi solo per servizi di quartiere?
Senza entrare nel merito del progetto, come mai, un ente pubblico si mette a costruire alloggi su una proprietà di un altro ente pubblico? E’ corretto sottrarre standard urbanistici - cioè, suolo destinato a servizi collettivi - con la motivazione di soddisfare altri fabbisogni?
E poi, esiste uno studio puntuale sulla tenuta idrogeologica del versante?
Non sono forse già stati eseguiti dall’ente locale interventi di consolidamento dei terrazzamenti che si affacciano su via Lucana? La collina di Giustino Fortunato andrebbe piuttosto alleggerita e, inoltre, non si dica che non costituisce una questione aperta la qualità degli spazi angusti che già rendono problematica la mobilità e la convivenza dei residenti.
Si parla d’intervenire secondo quanto stabilisce il Regolamento urbanistico. Quale?
Va sicuramente stigmatizzato l’ennesimo ricorso a una variante al Piano regolatore vigente quando il Regolamento da poco licenziato in aula non è ancora tornato approvato dalla Regione. Il regolamento nuovo non c’è ma siamo già a una nuova variante, servizi a piano terra e due piani sopra? E comunque, esistono i suoli per andare oltre la logica di un’iniziativa che stride con la migliore storia urbanistica della città, è notorio. Si faccia ricorso a quelle aree. Anche se, almeno come provocazione, è il caso di far notare come certe risorse avrebbero potuto essere spese meglio per i lavori di ristrutturazione degli alloggi di proprietà Ater.
E’ lunga la lista d’attesa che non trova risposta tra famiglie che non navigano nell’oro, mentre il degrado del patrimonio pubblico avanza. Dispiace dirlo, ma sei popoli hanno i governi che si meritano, anche i governi hanno i tecnici che si meritano e che non sanno dire no.
Sulla vicenda sono sulla stessa lunghezza d’onda il movimento politico Matera Civica e l’area consiliare di centrosinistra. Mentre, una componente della maggioranza, tramite il capogruppo di Matera 3.0 Cinzia Scarciolla, ha già avuto moto di dichiarare pubblicamente il suo voto contrario al provvedimento.
I gruppi consiliari di Matera Civica e di Centrosinistra