Una firma contro la deriva secessionistica

26 Luglio 2024

Non è solo un’impressione, il lessico politico diventa sempre più povero. Molti termini, benché esplicativi, sembrano essere finiti drasticamente nel dimenticatoio. Tra questi, disparità e soprattutto disuguaglianze. Sono vocaboli ancora ben chiari forse solo tra quanti hanno avuto la fortuna di essere stati seguiti da buoni insegnanti di Educazione civica. Reminiscenze, quindi, cascami di intense discussioni scolastiche?
Non solo. Chi non ha dimenticato e ha fatto tesoro di quegli insegnamenti, sa che ogni essere umano non è mai da considerare un mezzo, ma come fine.

Una finalità che non ammette distinzioni. In questa logica, è del tutto evidente che le differenze tra gli esseri umani non siano di natura ma di contesto, di ceto sociale, luogo geografico di nascita, distribuzione delle opportunità, e che spetta ai principi di eguaglianza riequilibrare queste differenze. Insomma, esiste e persiste un’evidenza che contrappone l’uguaglianza alla disuguaglianza. L’intelligenza di una persona, per esempio, dipende unicamente dalle sue capacità naturali e di metterle a frutto?

È solo questione di doti personali, oppure concorrono una serie di opportunità che maturano sulla base della reale possibilità di accesso a molteplici esperienze, di qualunque tipo? Sono temi appresi direttamente dai manuali di Alessandro Galante Garrone, propri di una democrazia sostanziale non formale, guide alla formazione di una buona educazione civica, materia introdotta nelle scuole il 1958 da Aldo Moro.

Si discostano non di poco da questa lettura i temi attuali riguardanti il regionalismo differenziato, perché di questo si tratta. Si vogliono incamerare nel passaggio dallo Stato alle Regioni più ampie condizioni di autonomia per 23 materie, ovvero più funzioni per ottenere maggiori risorse economiche-finanziarie. Il risultato? Disinteressarsi egoisticamente di una serie di conseguenze negative, a partire dall’unità del Paese e dall’uguaglianza dei cittadini e delle sue comunità.

L’affermazione di occhiuti perimetri regionali con norme non omogenee prefigura una nuova Torre di Babele, come facile esempio, si pensi ai periodici lavori di manutenzione sulla giugulare d’Italia, la dorsale Adriatica. Che facciamo, torniamo alle contese e ai confini delle baronie medievali? E visto che il decreto Calderoli è ormai legge, che senso ha il ministero della Coesione territoriale?
Il tema delle disparità ritorna in termini che non concorrono certo al bene comune, ma ad allontanare Nord e Sud, secondo la deriva di un’Italia divisa dove diminuisce la coesione sociale e aumentano i divari. Insomma, c’è una parte più ricca del Paese che reclama autonomia con l’intento di abbandonare alla propria sorte le regioni meridionali, dove il trionfo delle disuguaglianze coincide con un Paese che dall’Unità d’Italia in poi è tutto aggrappato, sbilanciato in direzione delle Alpi e chissà perché è così poco interessato a valorizzare la sua posizione privilegiata nel cuore del Mediterraneo.

Il tema del divario ritorna, perché esiste. Ma la sfida dell’antica tenacia Lucana va colta, specialmente lì dove il pessimismo della ragione non può fermare l’ottimismo dell’azione. È una motivazione condivisibile e chi conosce la Basilicata ha ben chiara la necessità di un impegno equilibrato tra difesa e valorizzazione della bellezza dei luoghi, della storia, delle culture, delle radici, nonché dell’innovazione, dell’infrastrutturazione e di tutto ciò che porta civiltà, lavoro, sviluppo, una matura consapevolezza sulle enormi potenzialità che esprimono i nostri territori.

Molto altro si potrebbe aggiungere, del resto, il futuro ha bisogno anche di viaggi nel passato, per affermare quella stabilità della mutuabilità continua, dove non si rivoluziona facendo le rivoluzioni, si rivoluziona proponendo soluzioni. Di più, nelle nostre comunità è noto da sempre, non sfugge che partire e restare sono i due poli della storia di generazioni di lucani. Al diritto a migrare, la citazione è dell’antropologo Vito Teti, corrisponde il nostro sacrosanto diritto a restare, a edificare un altro senso dei luoghi e di noi stessi. Le nostre migliori aspirazioni si coniugano a un sentimento insopprimibile, significa riconoscersi in un sentire comune che resiste.

Possiamo farlo insieme in quel luogo dell’anima che vive in ognuno di noi e in ogni centro della Basilicata, anche il più piccolo. Sono questi i nostri focolari da proteggere e allo stesso tempo da rigenerare radicalmente, non è questione di bandiere ma della ragione. Facciamolo insieme, iniziando con una firma per il referendum contro l’autonomia differenziata.

A proposito, al quesito referendario bisogna rispondere SI: un SI all’Italia unità, libera, giusta e solidale.

Pasquale Doria
flagHome