Qualche buona ragione che ci riguarda per firmare il referendum contro l’autonomia differenziata

13 Settembre 2024

Straordinaria la risposta dei cittadini che si avvicinano convinti per firmare. Meraviglioso anche il riscontro dei volontari che non si sono lasciati impressionare dai roventi ruggiti del solleone. Chiedono ancora per qualche giorno una firma per fermare le evidenti pulsioni secessionistiche che sottendono le sfumature lessicali della cosiddetta autonomia differenziata. Non desta infatti chissà quali preoccupazioni il termine autonomia, è piuttosto la questione della differenza che evoca un’alterità apparentemente defunta, e comunque una distinzione dai connotati negativi neanche tanto larvati. Differenza di che? Dell’ipocrisia che rende omaggio all’errore?

Il tema del referendum per evitare nuove e sempre più profonde lacerazioni può essere affrontato anche in un rapporto tangenziale ai massimi sistemi. Perché no, da angolature in chiave locale e ancorate a episodi di una storia minima, poco conosciuta ma, benché lontana nel tempo, non per queste ragioni meno significativa.

Negli stessi giorni in cui Giovanni Pascoli andava via, nel settembre del 1884, arrivò a Matera Arcangelo Ghisleri, dove insegnò storia al Liceo e geografia nella Scuola tecnica. Come altri docenti provenienti dal Nord, era nato in provincia di Cremona, non nascose i problemi che dovette affrontare in una realtà così lontana, anche per la sua famiglia.

Eppure, non esitò a difendere i materani raccontando quanto gli era capitato in una città - scriveva, a Filippo Turati, nell’abbracciare l’ideale socialista - in cui non si vedevano i progressi dell’Unità d’Italia e le cose sembravano ancora ferme a un passato remoto. Ma non accettava certo il razzismo che andava registrando. "Io mi trovavo in una città in cui i forestieri non finivano di accusare l’inferiorità, la squallidezza, la barbarie di quei paesi; sino a pronunciare in una pubblica trattoria eresie come questa, uscite dalle labbra di un uomo d’ordine un capitano dei carabinieri: occorrono i cannoni, ossia la violenza per incivilire questi paesi". Il tutto infarcito di episodi e aneddoti che a giudizio di Ghisleri erano la prova di una rozza prepotenza. Il cannone, si domandava affranto, come strumento di civiltà per chi non stava già bene di suo?

Fu in quei frangenti che decise di fare qualcosa, una reazione che gli aprì la strada fino a farlo salire su uno dei gradini più alti della cultura nazionale di quei tempi. Si dedicò con assiduità agli studi di geografia e di cartografia, che aveva cominciato a coltivare quando insegnava a Matera. Allora si era sentito mortificato nel constatare che nelle scuole italiane venivano adottati atlanti stranieri, assai carenti nel trattare la geografia storica dell’Italia, soprattutto quella meridionale.

E così scrisse: "L’Italia non è studiata, non è conosciuta dagli italiani. Dobbiamo rifare la nostra educazione politica e civile sulla base di una nuova e più razionale conoscenza del nostro paese. Dobbiamo studiare l’Italia regione per regione nella natura del suolo, nella sua topografia, ne’ suoi prodotti nelle sue industrie, ne’ suoi dialetti, nelle sue tradizioni, nelle sue varie necessità politiche e sociali… ".

Aveva ragione Ghisleri. A cosa serve, quindi, conservare anche le tessere più piccole per consentire la lettura del grande mosaico della nostra storia? La domanda comporta molteplici risposte, tra queste la possibilità di farci un’idea dei bisogni che sono stati negati, Riscoprire il passato offre l’opportunità di comprendere quali ostacoli e difficoltà sono state superate così da poterle affrontare sempre non a mani nude e contro ogni pregiudizio su ataviche subalternità.

Difficile a questo proposito non concordare con quanto ripeteva Umberto Eco: "La storia non serve a sapere dove si va, se qualcuno ti dice di saperlo è un bugiardo e un mascalzone, ma da dove vieni". Forse non abbiamo tutti le stesse idee, ma a molti come me non è mai dispiaciuto dire ad alta voce “vengo da Matera”.

Pasquale Doria
flagHome