Lavori a Lanera, perchè non bisogna tradire il paesaggio

7 Agosto 2024

Mille firme non sono bastate. Non sono sembrate sufficienti a favorire la ripresa del dialogo. Prevalgono i monologhi e le certezze di pochi. Eppure, al quartiere Lanera è attiva una comunità impegnata, che s’interroga con passione sul suo futuro con l’intento di accorciare le distanze tra Palazzo e cittadini e ampliare il coinvolgimento a livello di decisioni.

Opportunità sprecata. Allora, la mobilitazione è partita spontaneamente. Mette in discussione la volontà del Comune di piazzare un veliero di circa diciassette metri, una balena e altri oggetti al posto delle vecchie giostrine. In alternativa, i residenti ritengono che sarebbe più utile rafforzare il sistema del verde del parco che fronteggia l’abitato e degrada verso l’area di sedime del tracciato ferroviario. Di più, potendo contare su valenti professionisti, anche a livello universitario, si sono offerti di redigere una nuova progettazione senza pretendere alcun compenso.

Solo silenzi. E così, si procede secondo criteri discutibili, anche dal punto di vista didattico. Una balena, simulacro del reperto fossile del lontano pleistocene custodito nel Museo, dovrebbe essere avvistata da un veliero, ovviamente più vicino ai tempi nostri. Tutto per la felicità degli abitanti più giovani che, accompagnati dai loro genitori, chiedevano invece altro per il loro tempo libero e lo hanno fatto intendere anche con cartelli e una protesta alla luce del sole.

Ci sono le figure professionali cui spetta il compito di dirimere le questioni tecniche. Una, però, di carattere squisitamente paesaggistico fa indelebilmente parte della storia dell’abitato, capitolo fondante nel processo urbanistico di qualità che la città ha avuto il raro privilegio di vivere nel dopoguerra.

Il quartiere Lanera fu inaugurato il 22 dicembre 1957. Tra i progettisti di punta Marcello Fabbri, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere prima della sua scomparsa. Ha raccontato la scelta della collina di Lanera. Non fu casuale. Una delle ragioni è riconducibile alla sua posizione favorevole dal punto di vista della salubrità dell’aria.

Sorge infatti ai piedi della ex colonia elioterapica. Non di meno, sotto il profilo paesaggistico, nonché simbolico, il progetto fu meditato fino alla realizzazione di un’area urbana con il doppio affaccio. Da una parte, per non tagliare il cordone ombelicale con i rioni Sassi, guarda verso la Cattedrale. Dall’altra, invece, l’orizzonte si apre alla sottostante valle del Bradano, caratterizzata dalla grande macchia azzurra circondata dal verde intorno alla diga di San Giuliano. Le radici del passato, la calcarenite della casa natia, venivano saldate visivamente a quelle del futuro, alla riforma agraria e ai terreni da coltivare irrigati dall’acqua pubblica.
I residenti ribattezzarono presto quel luogo.

Lo fecero secondo una loro impressione particolare, sempre legata al paesaggio. Asserivano di abitare nelle “case del sole”. Una denominazione dovuta al fatto che le zone a giorno di queste nuove residenze sono illuminate da quando sorge a quando tramonta il sole. Non era così nei loro antichi alloggi con ambienti privi di finestre. Un accorgimento ovviamente voluto e studiato così come la disposizione delle singole unità abitative.

Intanto, per rispettare al massimo il luogo, non ci fu nessuno sbancamento. Le palazzine seguono le linee di quota del terreno che fu conservato di proposito in leggera pendenza, proprio per garantire quel gioco di relazioni nella visuale tra passato e futuro che i progettisti non vollero interrompere con edifici posizionati a caso.

Ci sarebbe ancora molto da dire sulle intenzioni sottese del progetto. In ogni caso, evoca la fine simbolica della subalternità secolare finalmente giunta al termine di una vicenda scritta con l’inchiostro della civiltà e dell’emancipazione. “È fatto giorno”, aveva annunciato qualche anno prima Rocco Scotellaro. Anche a Lanera si fece giorno e i contadini stavolta divennero protagonisti in un quartiere che assicurò più che un tetto, affidò a tutti loro un progetto di vita, in totale a 355 famiglie, una realtà urbana dettagliata in ogni minimo particolare.

Chi era stato staccato anche con una certa ritrosia dalla sua vecchia abitazione dei Sassi, ora, veniva accompagnato quasi per mano nella nuova casa, attraverso percorsi ombrosi e freschi, soprattutto nelle calde giornate estive. La questione paesaggistica è a tutti gli effetti parte integrante di questo straordinario progetto descritto solamente per brevi cenni. Richiama la strada maestra che conduceva a standard urbanistici progettati in base a criteri di qualità della vita, rispettosi dei nuovi residenti.

Bisogna continuare a rispettare i residenti. Chiedono il confronto e ritengono fuori tema, incongrui con la nobile storia del quartiere gli oggetti che s’intende collocare con la forza dei muscoli nel parco. Interferiscono con l’orizzonte di una storia da tutelare e per queste ragioni propongono anche una serie di soluzioni alternative, al momento inutilmente.

Ma non intendono silenziare le loro voci e invitano i materani a unirsi nell’iniziativa denominata “Ad agosto che si fa stasera? Venite a Lanera”. Incontrarsi, raccontarsi, fare proposte, decidere insieme.
Non è forse questo il sale della democrazia?

Pasquale Doria
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