22 Settembre 2024
La fortuna di una città come Matera è facilmente rintracciabile nel concentrato dei suoi contenuti, soprattutto quando questi divengono fruibili. Ma non è sempre così, anzi, nella maggior parte dei casi rimane un privilegio riservato solo a pochi fortunati in quanto è pervicacemente impedito l’accesso a un patrimonio che sarebbe più giusto condividere.
Si pensi alla documentazione sparsa della stagione vissuta nello straordinario laboratorio di urbanistica che elevò protagonista a livello internazionale la città nel dopoguerra. Stesso discorso vale per l’imponente opera di bonifica dei territori che nella nostra provincia, nonostante la disparità di trattamento tra regioni italiane, vide concretizzarsi opere straordinarie tra Matera e il Metapontino con il Piano Marshall.
Due momenti epocali ai quali fanno da corollario una imponente mole di documenti pubblici e privati, molteplici in attesa di sistemazione, la cui mancata conservazione rischia la non auspicabile dissipazione dell’oblio. Non è remota, infatti, la sciagurata dispersione in mille rivoli a discapito della ricostruzione puntuale di una storia che ci appartiene, che fa intimamente parte delle radici storiche della comunità.
In contrapposizione alla rovinosa privazione di un patrimonio di inestimabile valore, se ne parla da anni, è stato a più riprese “evocato” – difficile trovare un termine alternativo – il progetto di un Centro di documentazione del territorio. Il tempo, in fondo, è un grande contenitore in dialogo con lo spazio, ma irrimediabilmente passa. Può avere un senso meno oppressivo se viene riempito dalla diuturna opera dell’umano che, con l’omologazione in atto, ha un bisogno urgente di non azzerare un bene non negoziabile come la memoria.
Un centro di documentazione, in una realtà come Matera, non è assimilabile a una biblioteca e neppure a un deposito di conservazione archivistica. Si tratta piuttosto di una curvatura dinamica, fisica e immateriale, in cui dare luogo a un servizio pubblico la cui finalità è raccogliere, sistemare e rendere ampiamente fruibile una serie di strumenti di ricerca e documenti che recuperano e valorizzano le dense e appassionanti vicende del territorio.
I contenitori in città non mancano. Si pensi alla centralissima sede dell’ex Genio Civile, in via Passarelli. Oggi, benché ubicata in una zona centralissima, si presenta come un immobile svuotato forse troppo frettolosamente delle sue non certo secondarie funzioni, tuttavia desolatamente abbandonato a se stesso ormai da anni.
La sua realizzazione, concepita prima della guerra, è stata completata successivamente, tra il 1950 e il 1953. Si sviluppa su tre livelli e dispone di un ampio seminterrato e altri locali attigui all’edificio, nonché di un ampio spazio esterno. Interessante la sua estensione che si spinge al confine della sovrastante via Gramsci, potendo disporre finanche di una zona verde attualmente privata di ogni cura.
Per la cronaca, con una mozione approvata all’unanimità s’impegnava la Giunta regionale a stanziare le necessarie somme nel bilancio 2020 e seguenti per il recupero funzionale dell’immobile da destinare a sede di Matera del Consiglio regionale di Basilicata, in nome di un decentramento amministrativo rimasto lettera morta. Ad ogni modo, sarebbe auspicabile che la deleteria pratica delle lettere morte ci trovi vivi e vigili, così che rimanga in piedi più che mai l’ipotesi di dare gambe e testa a un efficiente Centro di documentazione del territorio. Matera se lo merita.
Pasquale Doria