Un pellegrinaggio al Santuario di Picciano, per chi ci crede, questa volta non guasterebbe.
Avrebbe potuto essere più alto il bilancio dei danni provocati dalla palazzina ridotta in briciole in pieno centro, tra le vie Beccaria e Protospata. Saranno le indagini della magistratura a stabilire le cause del crollo ed eventuali responsabilità, intanto, altre indagini vanno avviate senza perdere tempo. Si tratta di conoscere lo stato di salute del patrimonio edilizio realizzato nei primi decenni del secolo scorso.
Dopo quasi un secolo dall’elevazione della città a capoluogo di provincia, un certo tipo di espansione urbana, fatta salva la parentesi della guerra, è andata avanti fino agli anni Sessanta. Si è sviluppata una crescita del tessuto urbano spesso lontana dalle attuali regole e dalle norme tecniche di sicurezza per le costruzioni, a partire dalla stabilità delle murature, dei terreni, degli immobili nel loro complesso.
Non è un mistero la presenza di acqua che, dalle colline di arenaria circostanti, per gravità si accumula ai piani bassi di molte abitazioni del centro, dove il carbonato di calcio, la calcarenite delle fondazioni, in virtù delle acque di falda nelle fondazioni, dei cicli dovuti alle modifiche dei livelli di falda e dei relativi cicli di asciugatura-imbibizione del tufo agli strati bassi, perde il materiale legante generando, così, nel tufo un lento degrado che ne determina una riduzione delle originarie caratteristiche meccaniche.
Considerati i tempi dei processi naturali di ossidazione e che la vita media del calcestruzzo è di circa cinquanta anni, bisogna ammettere che buona parte dei solai del passato sono stati realizzati con quelli che i vecchi capomastri usavano chiamare “ferretti”, tondini (con sezione anche minore) di sei millimetri di diametro. Insomma, tecniche costruttive lontane dalle vigenti norme in materia di sicurezza.
Non è il primo caso di crollo rovinoso, del resto, o di cedimenti meno gravi come quelli registrati alla chiesa di San Domenico e al Liceo classico, per citare solo alcune vicende più note. Ne consegue che non è il caso di attivarsi solamente a valle dell’ennesima emergenza, ma di avviare una campagna di approfondimenti, un’iniziativa di prevenzione mirata alla mappatura di quelle realtà lì dove potrebbe essere a rischio la tutela della pubblica incolumità.
L’obiettivo, partendo almeno da alcuni contesti particolari in cui definire rapidamente il quadro fessurativo degli alloggi, dovrebbe essere quello di arrivare a ottenere il cosiddetto fascicolo dell’abitato, ovvero l’insieme dei documenti tecnici contenenti tutte le informazioni relative dello stato di agibilità e di sicurezza di un immobile, sotto il profilo della stabilità, dell’impiantistica, della manutenzione. L’applicazione di misure preventive può discendere solo da una precisa azione politica e procedere, lì dove il diradamento edilizio diventa misura inevitabile, per non compromettere l’incolumità fisica prima di tutto dei cittadini.
Gli ordini tecnici, forti anche delle esperienze maturate a valle del sisma del 1980, hanno già da tempo proposto l’organizzazione di lavoro per gruppi e di una puntuale schedatura del territorio, fino a poter disporre di preliminari pronti a supporto delle esigenze degli uffici tecnici comunali. Indicazione da non archiviare, come al solito, ma rendere finalmente operativa.
Pasquale Doria
Matera Civica